ORIGINI DEL JU JUTSU

Esistono decine di volumi che descrivono questo argomento, per cui sarò sintetico nel trattare questa pagina di storia.
Ci sono sostanzialmente tre teorie accettate dagli storici sulle origini di questa arte marziale, che nei primi secoli dopo Cristo veniva chiamata in modi differenti, come per esempio Tai Jitsu (Arte del corpo), Torite (Mano che cattura), Kogusoku Koshi no Mawari (Presa della spada corta), Kempo (Tecnica di combattimento con colpi), Kumiuchi (Prese corpo a corpo) o semplicemente Yawarajutsu (Arte dell'armonia).
Una teoria parla del medico giapponese di nome Shirobei Akiyama, il quale, dopo aver studiato le tecniche di combattimento del suo tempo, intraprese molti viaggi in Cina per imparare la medicina tradizionale e i metodi di rianimazione. A lui è legata la leggenda dell'albero del salice mentre era in meditazione nel tempio di Daifazu, da qui nacque anche il nome della scuola Yoshin. Assimilò così le tecniche di combattimento delle scuole cinesi, che aggiunse al suo bagaglio di nozioni, e più tardi fondò l'Akiyama Yoshin Ryu.
La seconda teoria è legata al monaco cinese Chin Gempin (in cinese Chen Yan Pin), che durante i suoi viaggi in Giappone nel XVI secolo influenzò e insegnò le sue arti a vari maestri giapponesi.
La teoria più attendibile fa riferimento in Giappone alla prima reale scrittura dedicata al Jū Jutsu che risale al XVI secolo, grazie alla Scuola Takenouchi che codificò i propri sistemi di combattimento derivanti dalle varie Arti Marziali giapponesi.
Ovviamente le origini sono più antiche, basti pensare alla storia di questo paese predominata dai feudatari che erano in continua guerra per i terreni e il potere. Essi si avvalevano dei Bushi (guerrieri giapponesi) che studiavano l'arte del Jū Jutsu e rivestirono un ruolo di particolare importanza nella cultura popolare.
Non esiste una data precisa o un fondatore definito di questa arte marziale, perché era parte fondamentale della vita quotidiana, apparteneva a tutti e le stesse famiglie si tramandavano in segreto di generazione in generazione per via orale i loro sistemi di lotta.
I Soke tramandavano, inoltre, i Densho, che racchiudevano le spiegazioni tecniche segrete di combattimento del proprio Ryu, ognuno dei quali specializzato in varie arti.
Durante lo Shogunato Tokugawa (nome dato al dominio della dinastia di Shogun del Clan Tokugawa, che governò il Giappone dal 1603 al 1868) il Jū Jutsu ebbe la sua massima diffusione e crescita grazie al periodo di pace che lo shogunato instaurò. I Samurai e i Bushi poterono approfondire e confrontare il loro sapere, dando vita a decine di nuove scuole, fino ad arrivare a centinaia di stili di Jū Jutsu.
Nel 1843 il Bujitsu Ryusoroku (biografia dei fondatori delle scuole delle differenti Arti Marziali) fu redatto nuovamente con un totale di 159 scuole importanti in quell'epoca.
Con l'avvento delle armi da fuoco, con l'apertura alle culture occidentali e con un diffuso clima di rigetto per tutto ciò che apparteneva al passato, l'Imperatore Melse emanò un decreto che proibiva di praticare il Jū Jutsu, dichiarandolo un crimine. Nel Giappone di quel tempo era in atto una sorta di rifiuto verso tutto ciò che potesse richiamare il passato guerriero e che costituisse un ostacolo nei confronti della ‘modernità'. Si ebbe così durante l'era Meiji un forte declino di tale disciplina, che fortunatamente fu salvata da alcuni maestri e si diffuse in maniera globale nel resto del mondo diventando un ponte di collegamento tra passato e modernità.

Nell'era Shōwa nascono così decine di nuove scuole di Jū Jutsu derivanti dagli antichi Koryu.
Il Jū Jutsu, così come altre discipline orientali, è sempre state legato alle correnti filosofiche come il Taoismo, il Buddismo e lo Scintoismo. I princìpi che lo contraddistinguono, come la cedevolezza, la ricerca dell'armonia, la non forza e l'equilibrio, fanno sì che si sposi perfettamente con le esigenze dell'uomo occidentale ormai lontano da questi valori, a causa dei ritmi frenetici e spesso troppo razionalistici della società moderna. Per concludere si può dire che in tutto il mondo sono esistiti sistemi di lotta antichi, che erano volti allo stesso spirito della sopravvivenza e della superiorità sull'avversario: sono parte intrinseca dell'animo umano.
In Egitto in una piramide è stato rinvenuto, per esempio, il primo trattato scritto di forme di lotta, questo a dimostrazione di come le arti del combattimento esistessero già nel passato in più civiltà.
In Giappone ci sono dei documenti dei primi secoli dopo Cristo che fanno riferimento ad un torneo di lotta, il ‘Chikara Kurabe', che l'Imperatore Shuinjin organizzò, il ‘Nihon Shoki' per celebrare il settimo anno del suo regno nel 23 a.C.
Oggi il Jū Jutsu è molto seguito, ma in alcune scuole moderne sta avendo una metamorfosi che non c'entra nulla con il suo vero e affascinante valore di Arte. Il Jū Jutsu è composto da due parole JU che significa ‘flessibile, cedevole, morbido' e JUTSU che può essere tradotto come ‘arte, tecnica, pratica'. La traduzione letterale può essere così letta e interpretata o come ‘Dolce Arte' o ‘Arte della Cedevolezza' o anche ‘Tecnica Morbida'. La fortuna della ‘Dolce Arte' sarà sempre legata alla storia dei guerrieri giapponesi che uniscono il nome di questa disciplina alla loro fama. Ecco perché ancora oggi il Jū Jutsu è più conosciuto come ‘l'Arte dei Samurai'.

Da questa breve descrizione storica si evince che il Jū Jutsu nei secoli ha continuato a crescere e a mutare a seconda delle conoscenze e delle esigenze dell'essere umano: ciò continuerà, ma sempre nel rispetto delle forme Koryu e dei Kata, altrimenti si perderà il contatto con la tradizione e il significato di tale arte e dei principi educativi in essa contenuti saranno trascurati o addirittura eliminati.